Da l’Osservatore Romano del 29 gennaio 1981
Mostre romane
di Ennio Francia
“…Per Alfiero Nena, come per altri scultori, l’esperienze ormai sessagenarie di Archipenko e di Zadkine continuano a dare i loro insegnamenti ma non tanto nella versione astratta, al modo in cui quelle esperienze furono assimilate da artisti come per es. Pomodoro, Ghermandi, Minguzzi, quanto nella ricerca di un realismo di radice figurativa, non però opaco e inerte.
In Nena la ricerca geometrica, quasi scheletrica, del ritmo in cui forma e volume sono appiattiti quasi a sottolineare la capacità ritmica, si aggiunge la componente espressionistica onde si configurano le sue immagini elaborate nonostante l’impeto plastico. Su questa linea, come nel “Pannello di caccia” modellato in ferro, o nel bronzo “Madre con figlio”, dove la spinta agogica è forzata fino al limite, il Nena raggiunge i momenti più positivi. Ed è ancora in questa direzione che riescono più persuasive ed efficaci le composizioni di carattere sacro, i Cristi pazienti e tormentati, talora fino alla esasperazione…”.
Ennio Francia
L’Osservatore Romano
25 aprile 1981
“La Resurrezione” di Alfiero Nena – di G.B.
Una statua della Resurrezione è venuta a decorare, significativamente, nella settimana santa, il grande Auditorium dell’”Augustinianum”. Con un generoso gesto lo scultore Alfiero Nena ha infatti fatto dono all’ateneo di uno fra i “pezzi” maggiormente apprezzati nella sua recente mostra (di cui si è occupato su queste colonne Ennio Francia). La “Resurrezione” in ferro, opera del 1972. Un Cristo in un certo senso diverso dagli altri, realizzati in precedenza dalo scultore, che esprimevano nella sofferenza e nel tormento delle membra straziate la consapevolezza del sacrificio voluto per una redenzione che dà signifiato alla vita di ogni uomo. In questa “Resurezione”, esile figura dal volto apena tratteggiato, tesa simbolicamente verso l’alto – cui la materia ferrosa, con gli inconfondibili segni di martello e gli espressivi vuoti, dà una intensa carica vitale – Alfiero Nena ha inteso rappresentare la speranza, la gioia che può scaturire anche dal dolore, e come ha sottolineato l’artista anche “il valore spirituale ed umano” del Cristo che, risorgendo, si rivela Dio, riscatta la morte di croce e sancisce per tutta l’umanità la verità della promessa del trionfo finale della vita sulla morte. La ricerca più significativa di Nena – e lo distingue da analoghe opere di altri artisti che si sono serviti di questo metallo per le loro opere – è nelle sculture in ferro. Nena ha infatti appreso dal padre, nella natia Treviso, tutti i segreti della lavorazione artigianale del ferro e lo “cesella” plasticamente; col fuoco e il martello lo scolpisce a caldo dando un’ “anima” al metallo, e trasformandolo in scultura viva. I suoi Cristi in ferro “parlano”, nello slancio, nell’abbandono, un linguaggio non edulcorato ma reale. La sua scultura, come ha rilevato a suo tempo Mercuri “diviene ciò che arresta la vana fuga della morte, pone un argine alla paura, e ci mette in contatto con la dimensione sacrale della vita; tramite tra contingente e assoluto, monumento, cioè forma certa, segno di ciò che non muta più, ormai è modello di armonia e libertà”.
G.B.